mercoledì 30 ottobre 2013

27. Io depongo la Mia vita

“Per questo Mi ama il Padre, perché Io depongo la Mia vita per prenderla di nuovo. Nessuno Me la toglie, ma la depongo da Me stesso”  (Giovanni 10:17-18)

Nathan Saint era un pilota e missionario americano in Ecuador; insieme ad altri quattro missionari aveva in cuore di raggiungere la temuta tribù dei Waodani, i quali erano conosciuti per la loro violenza sia nei loro rapporti interni sia verso chi non apparteneva alla loro tribù.

I missionari sorvolarono la zona abitata dai Waodani individuando diversi insediamenti; decisero di contattarli calando dei doni dall’aereo tramite una fune. Questi approcci andarono avanti per settimane; con il passare del tempo usarono anche un megafono per pronunciare alcune frasi nella lingua dei Waodani, i quali sembravano apprezzare i doni e iniziarono a ricambiare.

I missionari passarono alla fase successiva: cercare di incontrare i Waodani. Scelsero una zona lungo il fiume non lontana da un villaggio e, per mezzo dell’aereo, avvisarono gli abitanti della loro presenza. I primi contatti furono positivi, ma, senza alcun preavviso, il giorno 8 gennaio 1956 i cinque missionari furono uccisi da un gruppo di Waodani.

La sorella di Nathan Saint e la moglie di uno degli altri missionari uccisi andarono a vivere con i Waodani e molti di loro si convertirono al cristianesimo. Steve Saint, figlio di Nathan, ha raccontato questa storia nel film “La punta della lancia”.

Nella scena finale del film un uomo della tribù, con cui Steve era diventato amico, gli confessò di essere stato uno degli assassini di suo padre. L’uomo chiese a Steve di togliergli la vita e gli mise una lancia in mano. Steve decise di non vendicarsi e rispose: “Nessuno ha tolto la vita a mio padre, egli l’ha donata”. Benché ucciso dai Waodani, Nathan Saint aveva donato la sua vita, essendo stato disposto a rischiarla per portare il vangelo a quella tribù.

Gesù, venendo sulla terra ed esponendosi così alle tentazioni di Satana, ha deciso di rischiare la Sua stessa vita eterna. Leggendo il racconto della passione si potrebbe pensare che Gesù fosse in balìa di uomini malvagi, impossibilitato a fuggire… ma non era così.

Nel momento dell’arresto nel Getsemani Gesù disse a Pietro, che aveva cercato di difenderLo con la spada: “Riponi la tua spada nel fodero; non berrò Io il calice che il Padre Mi ha dato?”  (Giovanni 18:11).
“Pensi forse che Io non potrei adesso pregare il Padre Mio, perché Mi mandi più di dodici legioni di angeli? Come dunque si adempirebbero le Scritture, le quali dicono che deve avvenire così?”  (Matteo 26:53-54).
E a Pilato, che pensava di avere il potere di liberarLo o condannarLo alla crocifissione, Gesù disse: “Tu non avresti alcun potere su di Me se non ti fosse dato dall’alto”  (Giovanni 19:11).

Gesù aveva il potere di evitare la morte, ma non lo esercitò. Decise di offrire volontariamente la Sua vita, sapendo che il Suo sacrificio avrebbe portato salvezza all’umanità: “Per questo Mi ama il Padre, perché Io depongo la Mia vita per prenderla di nuovo. Nessuno Me la toglie, ma la depongo da Me stesso; Io ho il potere di deporla e il potere di prenderla di nuovo; questo comando ho ricevuto dal Padre Mio”  (Giovanni 10:17-18).

Gesù non si tirò indietro, ma fu “ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce”  (Filippesi 2:8), perché sapeva che stava adempiendo il piano di Dio. Gesù non morì perché ucciso da uomini malvagi, ma depose la Sua vita. Il Salvatore “ha versato la Sua vita fino a morire”  (Isaia 53:12).