martedì 28 febbraio 2012

16. Il frutto del travaglio - Parte1

“Tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che Gli era posta davanti, soffrì la croce, disprezzando il vituperio, e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio.” (Ebrei 12:2)

Dio vede “la fine fin dal principio, e molto tempo prima le cose non ancora avvenute”  (Isaia 46:10). Quando era in cielo, prima di incarnarsi, Gesù poteva vedere a cosa sarebbe andato incontro durante la Sua vita terrena. Questo non Lo ha fermato dal venire nel nostro mondo.

“Prima dell’incarnazione aveva visto tutto il cammino che avrebbe percorso per la salvezza degli uomini, dalla mangiatoia sino al Calvario. Prima ancora di lasciare il cielo aveva contemplato le angosce che avrebbe provato, gli insulti che avrebbe ricevuto, le privazioni che avrebbe sopportato. Tuttavia disse al Padre: «Eccomi, vengo! Sta scritto di Me nel rotolo del libro. Dio mio, Io prendo piacere a far la Tua volontà, e la Tua legge è dentro al Mio cuore» (Salmo 40:7,8).”  ("La Speranza dell’uomo", cap. 45)

Che cosa animava Gesù a non rimanere in cielo? L’autore dell’epistola agli Ebrei scrisse che Gesù “per la gioia che Gli era posta davanti, soffrì la croce”  (Ebrei 12:2). C’era una gioia che i Suoi occhi contemplavano. Tra Lui e quella gioia, però, c’era qualcosa.

La croce.

Sono stato fidanzato con mia moglie per tre anni prima di sposarmi; abitavamo a circa 1500 chilometri di distanza. Siccome all’epoca non volevo prendere l’aereo, sono sempre andato a trovarla in treno; il viaggio durava circa venti ore. La gioia davanti ai miei occhi, riabbracciare la mia fidanzata, mi motivava a sopportare un viaggio così lungo.

Qual era la gioia che motivava Gesù? Parlando del Messia, il profeta Isaia aveva scritto: “Egli vedrà il frutto del travaglio della Sua anima e ne sarà soddisfatto”  (Isaia 53:11). Cristo avrebbe visto, un giorno, il frutto della Sua sofferenza. I redenti, che avrebbero ottenuto la vita eterna grazie al Suo sacrificio, sarebbero vissuti per sempre insieme a Lui, senza più dolore né male.

Questa era la gioia posta davanti agli occhi di Gesù. Per raggiungerla, Gesù è diventato uomo. Per raggiungerla, Gesù si alzava ogni mattina per pregare il Padre. Per raggiungerla, Gesù è andato al Calvario.
Se non fosse stato disposto a sopportare l’esperienza della croce, non avrebbe mai ottenuto quella gioia. Gesù ritenne che valesse la pena soffrire la croce per vedere i redenti in cielo.

“Egli contemplava sempre i frutti del Suo sacrificio. Nelle sofferenze e nelle rinunce Lo confortava il pensiero che la Sua fatica non sarebbe stata vana. Offrendo la vita per gli uomini, li avrebbe ricondotti a Dio. Però, prima di questo, ci sarebbe stato il peso dei peccati del mondo; sulla Sua anima innocente sarebbe scesa l’ombra di un dolore indescrivibile. Ma per la gioia riservataGli Egli volle sopportare la croce e sprezzò il vituperio.” ("La Speranza dell’uomo", cap. 45)

Vuoi essere parte del frutto del travaglio della Sua anima?

mercoledì 15 febbraio 2012

15. La Parola si è fatta carne

“E la Parola si è fatta carne ed ha abitato fra di noi, e noi abbiamo contemplato la Sua gloria, gloria come dell'unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità.”  (Giovanni 1:14)

Hai mai provato a immaginare gli ultimi istanti di Gesù in cielo, prima di catapultarsi, per opera dello Spirito Santo, nel grembo di Maria? Il Figlio di Dio stava per abbandonare le glorie del cielo; che cosa avrà detto lasciando, per la prima volta dall’eternità, il Padre e lo Spirito Santo?
Parlando dell’incarnazione di Gesù, l’autore dell’epistola agli Ebrei citò il Salmo 40: “Perciò, entrando nel mondo, Egli dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma Mi hai preparato un corpo». Allora Io ho detto: «Ecco, Io vengo; nel rotolo del libro è scritto di Me; Io vengo per fare, o Dio, la Tua volontà»  (Ebrei 10:5,7).

Commentando questo passo, l’autrice Ellen White scrisse: “In queste parole si annuncia l’adempiersi del proposito che era stato nascosto fin dall’eternità. Cristo stava per venire nel nostro mondo, per incarnarsi. […] La manifestazione della Sua gloria fu velata, perché potessimo contemplarla senza esserne annientati. La Sua divinità fu velata nell’umanità, la gloria invisibile nella forma umana visibile.” (“La Speranza dell’uomo”, cap. 1)

La Bibbia dice che Gesù “essendo in forma di Dio, non considerò rapina l'essere uguale a Dio, ma annichilì Se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini” (Filippesi 2:6-7). Non possiamo capire pienamente cosa ha significato per Dio diventare uomo, perché non siamo mai stati come Dio. Egli è onnipotente (può tutto), onnipresente (è ovunque) e onnisciente (sa tutto).

Gesù è Dio fin dall’eternità, ed è stato disposto a prendere su di Sé la natura umana con tutte le sue limitazioni; quando era sulla terra non poteva, ad esempio, essere ovunque o vedere ogni cosa allo stesso tempo. Se voleva raggiungere un luogo doveva camminare, impiegare del tempo e stancarsi.
Diventare simile a una delle Sue creature è stata un’umiliazione infinita per il Creatore dell’Universo; Martin Lutero affermò: “Il mistero della natura umana di Cristo, che si è calato nella nostra carne, va oltre ogni comprensione umana.”

Dopo la risurrezione, Gesù disse ai discepoli: “Guardate le Mie mani e i Miei piedi, perché sono Io. Toccatemi e guardate, perché uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho Io”  (Luca 24:39). L’apostolo Paolo scrisse che Gesù, quando ritornerà, “trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al Suo corpo glorioso”  (Filippesi 3:21). Gesù è risuscitato con un corpo umano glorificato, corpo che i salvati riceveranno al Suo ritorno; ha preso su di Sé la natura umana per conservarla, anche dopo la risurrezione!

E per l’eternità.

“Prendendo la nostra natura, il Salvatore ha unito a Sé l’umanità con un legame che non potrà mai essere infranto. Per tutta l’eternità rimarrà unito a noi. «Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo unigenito Figliuolo» (Giovanni 3:16). Egli Lo ha dato non soltanto per portare i nostri peccati e per morire come nostro sacrificio, ma Lo ha dato alla stirpe umana decaduta. Dio ha dato il Suo unigenito Figliuolo come prova della Sua immutabile intenzione riconciliatrice, per farLo entrare nella famiglia umana e farGli conservare in eterno la natura umana.”  (“La Speranza dell’uomo”, cap. 1)

“E, senza alcun dubbio, grande è il mistero della pietà: Dio è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato tra i gentili, è stato creduto nel mondo, è stato accolto nella gloria”  (1Timoteo 3:16).