mercoledì 21 novembre 2012

19. Dio Mio, Dio Mio, perché Mi hai abbandonato?

“Verso l'ora nona, Gesù gridò a gran voce, dicendo: «Elì, Elì, lammà sabactanì?». Cioè: «Dio Mio, Dio Mio, perché Mi hai abbandonato?».”  (Matteo 27:46)

Sul Golgota, quel giorno, c’erano tre croci. Una era per Gesù. Al Suo fianco furono crocifissi due ladroni; così si adempì la Scrittura che dice: “Ed è stato annoverato fra i trasgressori”  (Isaia 53:12).
Altre profezie dell’Antico Testamento descrivevano esattamente quello che sarebbe successo il giorno della morte del Messia; Davide aveva scritto nei Salmi: “Spartiscono fra loro le Mie vesti e tirano a sorte la Mia tunica”  (Salmo 22:18). “Mi hanno invece dato fiele per cibo, e nella Mia sete Mi hanno dato da bere dell'aceto”  (Salmo 69:21). Gesù vide queste parole avverarsi alla lettera sotto i Suoi occhi.

Ai piedi della croce, i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani Lo ingiuriavano: “Egli ha salvato gli altri e non può salvare Se stesso; se è il re d'Israele, scenda ora giù dalla croce e noi crederemo in Lui; Egli si è confidato in Dio; Lo liberi ora, se veramente Lo gradisce, poiché ha detto: «Io sono il Figlio di Dio»”  (Matteo 27:42-43). Le loro parole erano state predette con precisione secoli prima nel Salmo 22, ma non si accorgevano di adempiere quella profezia pronunciandole!

Non avevano creduto a Gesù nonostante il Suo carattere amorevole, i Suoi miracoli in favore dell’umanità sofferente e ora affermavano che, se fosse sceso dalla croce davanti ai loro occhi, avrebbero creduto in Lui!
Per Gesù era una tentazione reale; era in Suo potere scendere dalla croce. Perché non scese? Non desiderava che credessero in Lui? Perché rimase sulla croce?

Per amore.

Gesù voleva salvare anche coloro che Lo avevano rifiutato e condannato a morte; aveva interceduto per loro: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”  (Luca 23:34). E avrebbe sparso il Suo sangue per loro.
Tenebre soprannaturali scesero su tutto il paese; il predicatore Dwight Moody affermò: “Quando Cristo nacque, l’oscurità di mezzanotte si trasformò nella luminosità del mezzodì; quando Cristo morì, il mezzogiorno si offuscò divenendo mezzanotte.”

“Verso l'ora nona, Gesù gridò con gran voce dicendo: «Elì, Elì, lammà sabactanì?». Cioè: «Dio Mio, Dio Mio, perché Mi hai abbandonato?»”  (Matteo 27:46). Sulla croce, Gesù provò un’angoscia umanamente incomprensibile; per la prima volta dall’eternità, non poteva avere comunione con il Padre, a causa dei peccati di cui si era caricato.
Per ispirazione divina, la Sua agonia fu descritta da Davide: “Poiché cani Mi hanno circondato; uno stuolo di malfattori Mi ha attorniato; Mi hanno forato le mani e i piedi; posso contare tutte le Mie ossa; essi Mi guardano e Mi osservano”  (Salmo 22:16-17). “Ho aspettato chi Mi confortasse, ma invano; ho atteso chi Mi consolasse, ma non ci fu alcuno”  (Salmo 69:20).

“Satana rivolse contro Gesù le sue tremende tentazioni. Il Salvatore non riusciva a scorgere nulla al di là della tomba. Vacillava la speranza della Sua vittoria sul sepolcro, e non era più sicuro che il Suo sacrificio fosse gradito al Padre. Sapendo che il peccato è odioso agli occhi di Dio, temeva che la separazione fosse eterna. Cristo avvertì l’angoscia che ogni peccatore prova quando la misericordia cessa di intercedere in suo favore. Furono la consapevolezza del peccato e della disapprovazione divina a rendere tanto amaro il calice e a spezzare il cuore del Figlio di Dio.”  (“La Speranza dell’uomo”, cap. 78)

“E Gesù, gridando con gran voce, disse: «Padre, nelle Tue mani rimetto il Mio spirito». E detto questo, rese lo spirito”  (Luca 23:46); per fede si affidò al Padre nella morte, così come aveva fatto ogni giorno della Sua vita. Il cuore del Figlio di Dio si ruppe sotto il peso dei peccati del mondo: “L'oltraggio Mi ha rotto il cuore e sono tutto dolente”  (Salmo 69:20).

“Non furono né il colpo di lancia né il dolore della croce a causare la morte di Gesù. Il gran grido al momento della morte, il fiotto di sangue e di acqua che sgorgavano dal Suo fianco, attestavano che Gesù era morto di crepacuore. L’angoscia morale aveva spezzato il Suo cuore. Egli fu ucciso dal peccato del mondo.”  (“La Speranza dell’uomo”, cap. 80) 

lunedì 19 novembre 2012

18. Getsemani

"Allora Gesù andò con loro in un luogo, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre Io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e grande angoscia. Allora Egli disse loro: «L'anima Mia è profondamente triste, fino alla morte; restate qui e vegliate con Me».”  (Matteo 26:36-38)

I discepoli non avevano mai visto Gesù oppresso da angoscia; Colui che aveva sempre risollevato gli afflitti ora cercava simpatia umana, chiedendo a Pietro, Giacomo e Giovanni di pregare con Lui. Gesù si gettò sulle ginocchia con la faccia a terra, pregando: “Padre Mio, se è possibile, allontana da Me questo calice; tuttavia non come Io voglio, ma come vuoi Tu”  (Matteo 26:39).
Gesù tremava di fronte al calice che doveva bere. Cos’era questo calice? Che cosa temeva? Le sofferenze fisiche che avrebbe patito sulla croce? No. Tempo prima, infatti, aveva detto ai discepoli: “Non temete coloro che uccidono il corpo, e dopo questo non possono far niente di più”  (Luca 12:4).

Nel Getsemani, Gesù si stava caricando della colpa dei peccati di un’umanità ribelle a Dio: “Ma Egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è caduto su di Lui, e per le Sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via, e l'Eterno ha fatto ricadere su di Lui l'iniquità di noi tutti”  (Isaia 53:5-6).

Poco prima, i discepoli avevano ascoltato parole cupe dalla Sua bocca: “Voi tutti sarete scandalizzati di Me questa notte, perché sta scritto: «Percuoterò il Pastore e le pecore saranno disperse»”  (Marco 14:27). Gesù stava citando un passaggio del profeta Zaccaria; le parole precedenti a queste recitano: “Dèstati, o spada, contro il Mio Pastore e contro l’uomo che è Mio compagno – dice l’Eterno degli eserciti”  (Zaccaria 13:7).
Era il Padre stesso che porgeva questo calice amaro a Gesù, l’Agnello di Dio “preconosciuto prima dalla fondazione del mondo”  (1Pietro 1:20), affinché si adempisse il grande piano della salvezza, concepito fin dall’eternità.

In quei momenti di terribile agonia, Satana cercava di distogliere il Figlio di Dio dall’andare alla croce. Gesù sapeva molto bene che il peccato produce una separazione da Dio; Satana suggeriva a Gesù che, caricandosi della condanna dei peccati dell’umanità, quella separazione sarebbe stata eterna, che non avrebbe mai più rivisto il Padre e avrebbe perso la Sua stessa vita eterna per un’umanità ingrata, che non avrebbe mai compreso il Suo sacrificio.
Le evidenze, in effetti, sembravano dare ragione al tentatore; nemmeno il popolo eletto, Israele, aveva accolto il Messia promesso, nemmeno la famiglia di Gesù e i dodici apostoli avevano compreso pienamente la natura della missione del loro Maestro.

Le Scritture erano l’unica arma di Gesù contro la tentazione di Satana; Isaia aveva profetizzato che Gesù avrebbe avuto un futuro oltre la tomba, avrebbe visto avrebbe visto i salvati, frutto delle Sue sofferenze, e si sarebbe rallegrato. 
Gesù si aggrappò a questa promessa: “Ma piacque all'Eterno di percuoterLo, di farLo soffrire. Dopo aver dato la Sua vita in sacrificio per il peccato, Egli vedrà una progenie, prolungherà i Suoi giorni, e la volontà dell'Eterno prospererà nelle Sue mani. Egli vedrà il frutto del travaglio della Sua anima e ne sarà soddisfatto; per la Sua conoscenza, il giusto, il Mio servo, renderà giusti molti, perché si caricherà delle loro iniquità”  (Isaia 53:10-11).

Quella sera stessa, prima di uscire per recarsi nel Getsemani, durante l’ultima cena, Gesù aveva offerto ai discepoli un altro calice, dicendo loro: “Bevetene tutti, perché questo è il Mio sangue, il sangue del nuovo patto che è sparso per molti per il perdono dei peccati”  (Matteo 26:27-28).
Gesù ha bevuto il calice dell’ira di Dio contro il peccato, perché tu potessi bere il calice della salvezza: “Che darò all'Eterno in cambio di tutti i benefici che mi ha fatto? Io alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome dell’Eterno”  (Salmo 116:12-13).